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Showing posts from January, 2014

Miss Inquieta #5 - Storia di un treno perso

© bykst/CC “Accidenti, sono in ritardo, uff! Pant, pant, devo correre. Non ce la farò mai, il treno parte fra due minuti!”, così penso mentre corro a rotta di collo lungo via Roma, gemendo in silenzio quando noto che il semaforo è diventato rosso. Non perché io abbia nulla contro il colore rosso, che tra l’altro è il mio preferito, ma proprio perché è lui, il semaforo, quel maledetto, che ora, rosso, interrompe la mia corsa spericolata e disperata. E no, non voglio, non posso e non lo tollero: devo arrivare in tempo , questa è la mia unica priorità. Nonostante i semafori sul mio percorso. Solitamente corro tutto il giorno, devo rispettare le scadenze, eppure questo è il solo modo che conosco di vivere. Rispettare i tempi non è solo giusto, è anche necessario: se tutti vivessero come il cuore comanda loro, mannaggia che razza di sopore ci sarebbe in giro, e che nervi! Non riesco a stare ferma, e quando accade impazzisco. Vivo nell'inquietudine, e mi lascio prendere dall...

Miss Inquieta #4 - Correre per ritrovarsi

© Public Domain Pictures «Corri, corri a perdifiato , contro la corrente che trascina». Parole di una canzone che mi ritornano ora alla memoria, girando e rigirando nel vortice sfilacciato della mia coscienza che dall'infanzia alla giovinezza non è poi mutata di molto. Correre a perdifiato: l'essenza del correre, corsa portata ai massimi livelli, correre senza modificare l'esagerazione disperata che dimora nell'intimità stessa di questo verbo. Perdersi nella corsa è perdere tutto il superfluo del vivere, e correre a perdifiato è annullare drasticamente la propria verbosità per ritrovare ciò che si nasconde dietro e sotto le coriacee incrostazioni dell'anima. Nella mia relativamente breve vita non mi è capitato spesso. Non ho affrontato, correndo, mulini a vento, correnti impetuose, inarrestabili treni che puntavano verso e contro di me. Sono per lo più portata ad essere trascinata, a "lasciarmi correre", a "lasciar correre". Però...

Riflessioni da Trenitalia #2 - Di Lara

Lara. Ecco come si chiamava quella ragazza. Un nome così maledettamente dolce. La-ra. Con la erre dolcemente arrotata, come nemmeno l'arrotino avrebbe saputo fare, scivolava leggero sulla lingua, come un cioccolatino. Lara, Lara, Lara, si ripeté come un mantra. Se si concentrava riusciva ancora a distinguere la sottile scia di profumo che si era lasciata dietro. E lei l'aveva lasciata andare, senza nemmeno una parola, spiandola di sottecchi mentre parlava lì, in treno. Avrebbe tanto voluto rivolgerle la parola, scambiare due chiacchiere. Ma era rimasta zitta, stringendo fra le mani la borsetta, nel cuore la pena che le costava ogni volta quel viaggio fino all'ospedale. Lei, Lara, quella giovane, bella fanciulla, dagli occhi ridenti e la voce dolce, aveva chiacchierato e riso con altri passeggeri, scuotendo la chioma riccia, splendida come il sole che quel giorno non c'era. Quanta dolcezza, quanta gioia, quanta giovinezza! No, non avrebbe potuto mai offuscarle, ...