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Miss Inquieta #5 - Storia di un treno perso

© bykst/CC

“Accidenti, sono in ritardo, uff! Pant, pant, devo correre. Non ce la farò mai, il treno parte fra due minuti!”, così penso mentre corro a rotta di collo lungo via Roma, gemendo in silenzio quando noto che il semaforo è diventato rosso. Non perché io abbia nulla contro il colore rosso, che tra l’altro è il mio preferito, ma proprio perché è lui, il semaforo, quel maledetto, che ora, rosso, interrompe la mia corsa spericolata e disperata. E no, non voglio, non posso e non lo tollero: devo arrivare in tempo, questa è la mia unica priorità. Nonostante i semafori sul mio percorso.

Solitamente corro tutto il giorno, devo rispettare le scadenze, eppure questo è il solo modo che conosco di vivere. Rispettare i tempi non è solo giusto, è anche necessario: se tutti vivessero come il cuore comanda loro, mannaggia che razza di sopore ci sarebbe in giro, e che nervi! Non riesco a stare ferma, e quando accade impazzisco. Vivo nell'inquietudine, e mi lascio prendere dall'ansia: la tranquillità non fa parte della mia vita. Sono una maniaca del controllo, nevrotica quanto basta, lenta mai. Il tacco mi si rompe proprio mentre ci rifletto sopra. Non potrei essere più infuriata di così. Mi precipito come una furia in stazione, mi sbraccio freneticamente davanti al controllore per mostrargli che devo salire anch’io, su quel treno, che non posso perderlo: sarebbe un’occasione sprecata, una scadenza mancata, un orgoglio (il mio) calpestato.

E che fa quello? Sale sul treno, mi guarda, sorride e apre le braccia come a dire: “E che ci posso fare se è in ritardo? Il treno parte ora, e non lo fermo mica per lei” e il treno, quell'insopportabile mezzo che accresce la mia ansia e dà il via ai miei sfoghi uterini, quello se ne va. Lasciandomi lì impalata. Se una morale c’è, a voi il compito di trovarla.

Miss Inquieta

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