Skip to main content

Racconti #14 - In viaggio verso l'ignoto


In viaggio verso l'ignoto, tremo. L'intensità del momento presente affonda le radici nella mia anima ammaccata e ne cementa assieme i bordi frastagliati. Non so cosa mi attende. Nulla di ciò che mi circonda ora lascia presagire verso quali lidi m'infrangerò. 
Sono partita lasciandomi alle spalle tutte le consolidate certezze raggiunte in anni di vita vissuta senza pormi domande scomode. Cosa avviene nel cuore di una donna che, d'un tratto, sceglie di cambiare vita? Repentinamente e senza voltarsi indietro? Lo sa solo la luna, che in questa notte di luna piena, dall'alto della sua accecante perfezione, commisera le mie pene, umane troppo umane, stiracchiando le membra tondeggianti in una posa che sa vagamente di disprezzo. 
Girovago, mettendo un piede dietro l'altro con minimo sforzo. Fra poche ore prenderò un treno e dirò addio al mio Paese. Non so bene se piangere o ridere, forse non farò nessuna delle due cose: provare a rimanere intera nonostante i milioni di pezzi in cui mi romperò sarà uno sforzo talmente elevato che espungerà ogni altro genere di emozione dal fondo indistinto del mio cuore. Non ci sarà spazio né per il pianto né per il riso, ma solo per l'ingenuo tentativo di avvolgere lo scotch attorno all'anima.
Mi muovo inquieta all'alba di questa nuova vita. Voglio sperare in un domani ricco di promesse, in una terra che mi sia amica. Voglio immaginare un futuro migliore di ciò che ho lasciato, un avvenire luminoso, un insistente battito d'ali, un ritmo rasserenante, una luce abbacinante. Voglio immaginare un dolce arrivo, un ignoto non-più-ignoto, un popolo accogliente e delle braccia avvolgenti.
Sarà destinato a rimanere solo un sogno, il mio? Ho fatto bene a mollare tutto? Riuscirò a cavarmela? L'ignoto che mi attende mi abbraccerà stretta a sé come un amante o mi affonderà nella melma delle paludi della vita come un nemico?
Le domande si affastellano le une sulle altre nella mia mente, mentre i piedi sembrano continuare in solitaria, come se già conoscessero la meta ultima. Ed invece no, non la conoscono. Ed invece no, non la conosco nemmeno io.

Fin dalla mia spensierata infanzia ho compiuto ogni cosa in vista di un fine, di un obiettivo, di un traguardo che era sempre lampeggiante a neon, giorno e notte, per fugare la remota possibilità che in qualche attimo della giornata potessi dimenticarne le fattezze. Ciò mi è stato inculcato dai miei genitori, dalla società, dal buoncostume, al punto che dimenticavo che non venisse da me, al punto che l’avevo fatto mio come se fosse cosa mia. E tuttavia, ad un certo punto qualcosa si è rotto, la campana di vetro è esplosa in mille pezzi scintillanti e trasparenti che mi hanno mostrato per la prima volta la realtà così com’è, nuda e cruda, senza insidiosi traguardi – naturalmente sempre al di là della nostra portata – da raggiungere in poco tempo, coi mezzi e le modalità più veloci possibili. No. Ciò che conta non sta tanto nell’arrivo, quanto nel percorso. Ciò che la vita vuole da noi è, semplicemente, che viviamo al meglio ogni attimo, nello spazio e nel tempo di quell’attimo, per l’unico fine che è l’attimo stesso. Non c’è altro, oltre l’attimo. Potrei morire, fra un attimo. Meglio viverlo pienamente, ora, quest’attimo, non vivacchiarlo con la mente già tesa all’attimo successivo.
Per questo, ho deciso di provare a vivere come se ogni attimo fosse l’ultimo. Per questo, ho deciso che sarebbe valsa la pena lasciare tutto ciò che conoscevo per andare verso ciò che non conosco ancora. Laggiù, qualcuno mi chiama. Il suo nome è Avventura, Coraggio, Verità.
Finalmente, la stazione. Non guardo i tabelloni, so che mi fermerò solo quando il mio cuore lo vorrà. Lancio una monetina. Testa. Salgo sul treno alla mia destra. Quello a sinistra, rosso nel suo smalto tutto nuovo, mi ammicca come a chiedermi il perché della mia scelta. Caro treno, non so. Ma non ti crucciare, di passeggeri più assennati di me sei affollato. 
Io non faccio parte di loro.
L’ignoto mi attende. Finalmente.

Comments

Popular posts from this blog

Racconti #9 - La bambina

The little girl © ys15 Il letto sarebbe stato la sua tomba.  Alice si rigirò, le coperte ammucchiate attorno alle caviglie, le palpebre troppo pesanti per poterle sollevare. Non sentiva la fame, anche se erano due giorni che non mangiava: troppa fatica alzarsi dal letto. Piuttosto sarebbe morta. Scopriva d'un tratto che il pensiero la lasciava del tutto indifferente.  Niente l’avrebbe più anche solo sfiorata portando con sé altro male, era una promessa.  Un limbo di dolce assenza di dolore, finalmente. Dopo una vita passata a soffrire se lo meritava, no?  Dio, quanto odiava il giudizio stupido di gente che nemmeno la conosceva, di gente che, dopo un solo sguardo, credeva di aver capito tutto di lei. Ma che capivano. Stupidi borghesi col naso per aria.  Se solo l'avessero abbassato, quel naso snob, avrebbero visto la melma dei comuni mortali, lo schifo di chi deve sopportare i colpi di un destino che non può fronteggiare e…  «Mamma, alzati, devo ...