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Interview? © Ethan, 2011 |
Mi sento prossima alla deriva mentre mi accingo a fare l’ennesimo colloquio di lavoro.
«Signorina, tocca a lei».
La segretaria che sporge il viso rubicondo dall'uscio dell’ufficio Risorse Umane mi fa quasi prendere un colpo. Lisciando la giacca, tento di mandar giù il groppo che mi serra la gola, senza riuscirci.
«Prego, si sieda».
Alzo gli occhi ed incontro lo sguardo del responsabile della selezione del personale. Cerco di non abbassarli, ma è dura. Due fari azzurro ghiaccio mi trapassano mettendo a nudo i miei difetti come su un ripiano di cristallo.
«Noto dal suo curriculum che non ha alcuna esperienza lavorativa. Vuol aggiungere qualcosa?».
«No, nulla. È esatto, non ho esperienze di lavoro. Non ancora, almeno». Cerco di sorridere.
Lui solleva le sopracciglia, infastidito. «E, mi dica. Non avendo ancora – calca l’accento sull'avverbio, come a dileggiarlo – esperienze lavorative, perché è qui? Perché sa, anzi no, probabilmente non lo sa, ma la nostra azienda si avvale di professionisti preparati ed esperti, non solo nel campo delle nozioni teoriche ma in principal modo nel campo della vita vera che, a quanto appare dal suo curriculum – per carità ottimo dal punto di vista scolastico – lei non ha nemmeno idea di che cosa sia».
Vergognosa e prossima alle lacrime, non replico.
«Noi non diamo possibilità a gente che, come lei, non ha esperienze, referenze e quant’altro. Le do un consiglio: vada prima a fare la cameriera, piuttosto. Una laurea in lettere, poi! E basta, per di più! Non ci serve né ci interessa».
A fatica mi alzo e, cercando di calmare il tremito della voce, oso chiedergli: «Perché mi ha concesso un colloquio? Non poteva semplicemente ignorare la mia candidatura?».
Si alza anche lui e, per la prima volta da quando quell'inaspettato e crudele scossone di realismo è cominciato, noto in lui un bagliore di gentilezza.
«Perché aveva bisogno di sentirselo dire per poter cominciare a cambiare le cose».
Così, ho capito che dovevo smetterla di pensare di essere speciale. Ho iniziato col fare la cameriera in un piccolo ristorantino tedesco ed ho capito che nessun mestiere dignitoso è troppo "in basso" da non valer la pena di esser provato. Infine, ho capito che quell'uomo aveva ragione: quando sei in basso, infatti, non puoi che risalire.
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Credo fermamente che ognuno abbia il diritto di esprimere la propria opinione, come qui io esprimo la mia. Vi invito anzi a farlo, sia che condividiate o meno i miei punti di vista. Apprezzerò dunque ogni commento vogliate lasciare su queste pagine, ma avverto che questo spazio non è uno sfogatoio.
Grazie e... che aspettate? :)
Sara