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Racconti #11 - Un uomo, una donna, un muro

da una clip del film Brightstar, 2009

Dormiva, una mano sul cuscino e l'altra abbandonata lungo il fianco. Un lieve russare segnalava al mondo in ascolto che il suo era un sonno profondo, intenso e sereno. Le lenzuola non la coprivano interamente: le gambe – come le braccia – rimanevano esposte all'aria fresca della stanza, ma non c'era pelle d'oca a ricoprirle. Sognava, come di raro le capitava, e dalla gola le uscivano bassi gemiti di piacere. Dall'altro lato del muro, lui era sveglio. Sdraiato sul letto, con gli occhi spalancati nel buio, ascoltava col fiato sospeso i suoni soffici che lo raggiungevano scavalcando la parete divisoria tra le loro camere.

Si incontravano di rado loro due, per lo più nel ballatoio del loro piano, il quarto di una palazzina condominiale di otto. A malapena si rivolgevano la parola, con fatica si scambiavano un saluto. Erano vicini senza realmente esserlo, un uomo e una donna soli che alla luce del giorno si passavano accanto senza vedersi, ma che la notte li vedeva tendere le orecchie l'uno verso l'altro nella speranza di carpire un sussulto, una parola, un mugolio. Il loro reciproco ignorarsi non derivava da concrete antipatie o da opposte prese di posizione, bensì costituiva lo sfociare esterno di una sottile corrente che entrambi percepivano ma non volevano agitare troppo. Le acque inquiete non facevano per loro. Succedeva solo all'approssimarsi della sera e nel corso della notte che le loro difese si abbassassero, complice quel muro galeotto che nascondeva gli istanti più vulnerabili dell'uno e dell'altra ai reciproci occhi. Nel sonno, e nel dormiveglia che ad esso prelude, non riuscivano a trattenere le maschere che il giorno permetteva loro di sfoggiare. E così le loro espressioni più intime rompevano gli argini prorompendo libere. E così si ritrovavano ad ascoltarsi attraverso la parete, scoprendo di loro stessi desideri e sofferenze a lungo sopiti.

Quella notte lui era in allerta. L'aria era satura di strane vibrazioni e fuori dalla finestra la luna piena si faceva beffe del contorto rimuginare dell'umanità. Le sveglie ticchettavano impavide, le lenzuola frusciavano, i corpi avviluppati in esse rabbrividivano. Ed ecco, d'un tratto la terra si mise a tremare, i letti a sbattere contro il muro, i pavimenti ad oscillare. Fu questione di pochi attimi: il momento prima nei propri letti, il momento dopo con l'adrenalina in circolo alla ricerca di un riparo, sotto il tavolo, sotto il letto. La gente si riversava urlando nelle strade, mentre calcinacci e mobili cadevano dappertutto. Svegliatasi di colpo, spaventatissima, lei tentò di raggiungere la finestra ma un improvviso dolore al piede la fece accasciare: l'armadio le era rovinato addosso. Disperata, mentre tutto attorno a lei barcollava e conflagrava a terra, lanciò un urlo. La parete della sua camera da letto si spaccò, il lampadario cadde di schianto, il mondo si capovolse. Ma in mezzo a quella delirante accozzaglia di dolore, le riuscì di distinguere la figura del suo vicino di casa accorrere verso di lei, attraverso gli squarci lasciati dal terremoto nel muro. Le venne vicino, l'aiutò a districarsi dai pezzi di mobilia, la prese tra le braccia e la portò giù, in una corsa a rotta di collo lungo le scale che franavano sempre più velocemente.

Chissà come, chissà perché, si ritrovarono illesi fuori, in strada, prima che fosse troppo tardi. Con le mani intrecciate e gli occhi puntati su quelle che erano state le loro finestre, fissarono immobili quel muro che aveva diviso le loro camere per anni cadere in mille pezzi, prima che tutto si facesse polvere. E in mezzo ad essa, il tepore dei reciproci palmi sciolse anche il muro di ghiaccio che ognuno di loro aveva innalzato tutt'attorno al proprio cuore.

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