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Interludi #8 - Lavori in corso

© goodinteractive/CC

Potersi dire fuoriusciti è potersene infischiare, potersi raccontare. Due banane, tre mele e cento grammi di noci: il giusto rituale cibario post-collasso da innamoramento. Macché raccontare. E chi riesce a raccontare? Le parole si sfumano, lei balbetta e fissa il vuoto coi lucciconi agli occhi, l'esperienza di misto frullato dolceamaro nella testa. Il caos. Il bianco che lampeggia più di un'insegna al neon che dice: "Pericolo! Attenzione! Lavori in corso...". Guance infuocate.

La felicità ha connotazioni ben strane: anche della segnaletica stradale fa un uso improprio.

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The little girl © ys15 Il letto sarebbe stato la sua tomba.  Alice si rigirò, le coperte ammucchiate attorno alle caviglie, le palpebre troppo pesanti per poterle sollevare. Non sentiva la fame, anche se erano due giorni che non mangiava: troppa fatica alzarsi dal letto. Piuttosto sarebbe morta. Scopriva d'un tratto che il pensiero la lasciava del tutto indifferente.  Niente l’avrebbe più anche solo sfiorata portando con sé altro male, era una promessa.  Un limbo di dolce assenza di dolore, finalmente. Dopo una vita passata a soffrire se lo meritava, no?  Dio, quanto odiava il giudizio stupido di gente che nemmeno la conosceva, di gente che, dopo un solo sguardo, credeva di aver capito tutto di lei. Ma che capivano. Stupidi borghesi col naso per aria.  Se solo l'avessero abbassato, quel naso snob, avrebbero visto la melma dei comuni mortali, lo schifo di chi deve sopportare i colpi di un destino che non può fronteggiare e…  «Mamma, alzati, devo ...