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Venire al mondo

© sathyatripodi/CC

È la morte che è sempre stata la protagonista della filosofia, non la nascita. Dunque è proprio la nascita, coniugata in "Venire al mondo", il tema che è stato scelto per il primo incontro della Cattedra del confronto 2014 a Trento. In quanto inizio, l'uomo può dare inizio. «Perché fosse un inizio, è stato creato l'uomo», dice Agostino. Ogni nascita è come fosse una garanzia del mondo, ogni volta che si ripete, ogni volta che, paradossalmente, ritorna.

Non di un nietzschiano ritorno dell'uguale stiamo parlando, ma di un miracolo che ritorna, autentico, in ogni attimo che vede protagonista chi nasce, e la sua mamma. Nella nascita, ciò che era uno diventa due, e uno dei due è sempre una madre: «non c'è allora un individuo - ben ha spiegato la filosofa Francesca Rigotti - bensì un di-viduo, perché si divide». Nascere, e venire al mondo, significa anche porre il problema della responsabilità. Chi mette al mondo ha una responsabilità che nessuno gli può togliere. «Si può fare tutto per chi nasce, ma niente al posto suo», ha detto Mariapia Veladiano. Nati ci si ritrova, ed ogni nascita è una porta aperta alla morte. Quale morte? Si può morire più di una volta? Se si può nascere più di una volta, come la filosofia immagina, allora si può morire più di una volta. Come? Attraverso il giudizio degli altri: una morte anticipata. Nolite iudicari, di omicidio infatti ci macchiamo ogni volta che giudichiamo. 

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