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Rose rosse

© Wajahat993/CC

Mi ha punto una spina, caro.

Una spina mi ha punto
delle tue rose rosse
perché succhiassi al dito,
come già tuo, il mio sangue. [1]

È successo pure a me, incredibile a dirsi. Mi è penetrata nella carne a fondo e mi ha lasciato completamente intontita. Mi ha fatto male, tanto male. E da lì ogni cosa è cambiata: sono un’altra persona. Oddio, non mi sento più me stessa, possibile? Perché ogni pensiero che faccio non è più mio?

Stanotte tienimi sul tuo cuore,
avvolgimi nel tuo sogno,
incantami col tuo fiato,
sii sola con me solo. [2]

Sii solo con me sola, dunque! Noi due, soli. Tu solo, ma non da solo, con me! Io sola, ma non da sola, con te! Sola con te. Solo con me. Assieme. Quanto fa male. Non capisco più nulla. Lacrime pretendono di sgorgare, impazienti e non trattenute. Non sono inconsapevole, né senza peccato. La notte appartiene a noi. Istinto primordiale, il nostro, antico e insopprimibile. Mi fai sentire come se avessi di nuovo una casa.

Eppure il languore non paga.





[1] Giuseppe Ungaretti, 12 settembre 1966, poesia tratta da Dialogo (1966-1968).
[2] Tratto da una lettera d’amore di Gabriele d’Annunzio a Giuseppina Giorgi Mancini.

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