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© Maria/CC
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Una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi, un viso dall'ovale perfetto, entrò nel treno e si sedette di fronte a me, rannicchiata sul sedile vicino al finestrino. D’un tratto iniziò a piangere sommessamente. Poi incominciò a parlare al telefono, alzando la voce. Infine, desolata, riprese a piangere. Chi la trattava tanto male al telefono? Io ero lì, ma non volevo andarle vicino, per timore della sua reazione. D'altronde, è così facile passare avanti quando si sfiora qualcuno che è triste ed infelice! Ma il cuore di lei piangeva ed ora fa male anche il mio, al pensiero.
Le nostre strade s’erano incrociate eppure io non riuscivo (e forse non lo volevo nemmeno troppo) a decidere di renderla una cosa degna di nota e non un semplice passaggio, un semplice sguardo impassibile, come i tanti che tutti i giorni ci scambiamo nei luoghi pubblici e non solo. Lei era per me un’estranea ed io lo ero per lei. Questo mi ha trattenuto e impedito di avvicinarmi per offrirle una spalla. Ho sbagliato a continuare la mia vita come se nulla fosse, pur passando accanto e sfiorando quella richiesta di muto aiuto, quell'appello? Ma, mi avrebbe risposto? O, tutt'al più mi avrebbe gridato: “Fatti i fatti tuoi, non ti conosco, non so chi sei, non interferire con la mia vita!”? Sì, forse lo avrebbe fatto, ma forse no. Non lo so e non posso saperlo. Tutto quello che so è che ora sono io a stare male e proprio per la facilità con cui ho evitato un confronto, per la facilità con cui sono passata oltre, come il sacerdote e il levita hanno fatto nella bella parabola del Buon Samaritano.
Quando il cuore di qualcuno si mette a piangere, tutti quelli che sono attorno lo sentono subito. Sembra quasi che vi sia un segnale tra i cuori delle persone e che essi si trasmettano a vicenda in codice cifrato il messaggio: “Ehi! Sanguino! Aiuto!”. Ecco perché lo sentiamo subito. Ma, spesso, non ascoltiamo i nostri cuori, non vi prestiamo attenzione. Lo facciamo solo quando raggiungiamo un punto di massimo nel quale il male esplode con tutta la sua forza devastante e ci incendia il petto. Lo facciamo solo quando il cuore che soffre è il nostro e lo facciamo soli, senza difese. Il pianto di un cuore è improvviso, lamentoso, sempre più potente ed incredibilmente difficile da calmare.
Non si può rabbonire un cuore come si fa con un cagnolino. Non si può rabbonire un cuore con una parolina dolce, un buffetto, un cioccolatino. La ferita di un cuore è la più pericolosa: infatti non guarisce se non dopo molto, molto tempo ed infinite cure amorose. La ferita di un cuore rischia di mettere a repentaglio tutto l’organismo. Le lacrime di un cuore sono così salate da bruciare ininterrottamente. Lenta agonia che lo consuma fino alla morte. Ma si può morire di crepacuore?
Non si può rabbonire un cuore come si fa con un cagnolino. Non si può rabbonire un cuore con una parolina dolce, un buffetto, un cioccolatino. La ferita di un cuore è la più pericolosa: infatti non guarisce se non dopo molto, molto tempo ed infinite cure amorose. La ferita di un cuore rischia di mettere a repentaglio tutto l’organismo. Le lacrime di un cuore sono così salate da bruciare ininterrottamente. Lenta agonia che lo consuma fino alla morte. Ma si può morire di crepacuore?
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Credo fermamente che ognuno abbia il diritto di esprimere la propria opinione, come qui io esprimo la mia. Vi invito anzi a farlo, sia che condividiate o meno i miei punti di vista. Apprezzerò dunque ogni commento vogliate lasciare su queste pagine, ma avverto che questo spazio non è uno sfogatoio.
Grazie e... che aspettate? :)
Sara