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A Trento #4 - Patatine rimedio universale?

© kgberlin/CC

Tornavo, a piedi, testa bassa. In questi giorni sono così, mi dispiace. Attenta a non scivolare sul bagnato dei marciapiedi, che varie volte mi hanno ingannato. Ma, d'altra parte, è semplice trarre in inganno un'imbranata qual io sono. Impegnata in questa operazione, poco caso facevo al resto, e non avevo nemmeno le energie. Sento però in lontananza il profumo delle patatine fritte: il banco del fritto mi attende, e sembra lanciarmi il suo sornione, invitante, seducente a dir poco, invito. Ahhhhhhh. Che fare?
Le mie orecchie captano anche il suono di un violino, ed eccolo lì, di fronte alle patatine fritte, il solito vecchierello malconcio che conosce solo quelle due canzoni e le ripete all'infinito con il suo violino sgangherato. Mi fermo un attimo, indecisa se prendere o no le patatine. Mi passa accanto un fraticello. Sì, sì, un fraticello, con la tonaca e i sandali. Suppergiù avrà avuto venticinque anni. Radioso, occhi chiari, capelli scuri, mi passa accanto per depositare una busta nella cassetta della posta, e lancia un'occhiata al violinista depresso accucciato lì. Lo guardo, mi guarda, e continua la sua strada. Io, allora, mi prendo le patatine e continuo la mia. Mmm, rimedio universale le patatine? Non saprei. Mi hanno scaldato e piacevolmente rifocillato, eppure eppure... 
Ho incontrato nuovamente il fraticello duecento metri dopo. Un senzatetto gli parlava animatamente e lui lo ascoltava paziente. Questa volta gli sono passata accanto io, ma, chissà perché, ho cercato di nascondere le patatine alla sua vista. Non so da cosa sia stato dettato questo impulso improvviso che mi ha preso, quasi di essere colta in flagranza di reato. Quasi perché stonava con la pazienza che ci metteva ad ascoltare il suo interlocutore. Quasi perché strideva con la scena nel suo complesso. Non so che conclusione trarne, a dirvi la verità. Voi lo sapete? 

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