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I pezzi rimasti

© nixael/CC

Non so cosa mi prende questa sera. La filosofia si incunea melliflua nei rivoli delle mie lacrime senza un perché. Magoni incancreniti, su e giù li ricaccio, un poco più su dello stomaco. Ripasso e ripasso come un film di cui riavvolgo la pellicola a mio piacimento tutti coloro che ho visto oggi, per tentare di individuare la causa del mio limbo atonale.
Occhi chiari, occhi scuri, occhi opachi, occhi trasparenti, occhi lucidi, occhi sorridenti, occhi pensosi, occhi penetranti, occhi fissi, occhi gelidi. Li rivedo, e li riavvolgo. Mi soffermo su alcuni, passo più spedita su altri. Odio questa sensazione di debolezza congenita che mi prende la sera. Mi prende il rimorso di ciò che non ho fatto, di ciò che non ho avuto il coraggio di fare, perché la codardia abbietta che addito negli altri trova anche in me terreno fertile.
E così passa un altro giorno, ed io sono al punto di partenza. E così passa un altro giorno, ed io sproloquio, anche filosoficamente, ma di che se non del sesso degli angeli? Di che se non di astruse e irrealizzabili grandi sistematizzazioni di concetti che dimorano essenzialmente nell'iperuranio e dei quali neanche la pallida copia sbiadita ha voluto lambire terra? Terra di cui invece io sono parte. Terra nella quale io vivo l'unica vita che mi è data da vivere.
Incontrare coloro che ho incontrato oggi, un momento che non si ripeterà mai uguale. Eppure mi ha tolto parte di me, ed ora lo sento, forte e chiaro. Sento, sento che pezzetti quadratici del propulsivo ed infiammato contorno di quello che mi sembra di essere sono volati via, spazzati dallo scontro con altri propulsivi pezzetti quadratici appartenenti agli incontrati di oggi.
Come faccio a ricomporre i pezzi rimasti? 

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