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Meteoropatia e cuore

Frontemare di Trieste
C'è chi nel cuore ha il mare e chi la montagna. Forse ora, all'approssimarsi delle vacanze estive, questa frase sembra molto più vera, ma anche scontata, almeno nella scelta delle vacanze.
Ma io non intendo fare una semplice, e banale, constatazione. La mia vuole essere una riflessione letterale: c'è proprio chi nel cuore ha il mare e chi la montagna.
Mi spiego meglio: nel mio caso, odio la pioggia con tutta me stessa. Sto male quando c'è.
Sono meteoropatica, e questo, l'ho detto molte volte, è per me un problema (di sicuro non l'unico). Amo il sole, anche se praticamente divento un peperone stracotto ogni volta che ce n'è troppo, d'estate. Però per me il sole è la felicità. Ecco, ho scoperto che questa è una "cosa di cuore". Insomma, mi pare. Come può infatti una condizione meteo condizionarmi a tal punto da decidere delle mie emozioni e del mio stato d'animo, se non fosse una "cosa di cuore"?
Non ci credevo, ma così è. Talvolta cerco di non soccombere, ma la maggior parte delle volte fallisco e mi lascio "portare" dal tempo che fa. E poi ho capito che questo non riguarda solo il tempo, riguarda anche tutto il resto dell'ambiente in cui vorremmo vivere per sempre, l'ambiente in cui ci troviamo "a casa".

A Trieste, molte persone, giovani e meno giovani, prima di andare al lavoro, a scuola o al cimitero, prima insomma di iniziare una nuova giornata feriale, nutrono il bisogno, quasi viscerale, di andare sulla riva del mare, rimanere a fissarlo per un dieci minuti buoni senza fiatare, e poi proseguire per la propria strada, rinfrancati e con maggior coraggio, quel coraggio che il mare ha loro dato.
Allo stesso modo, una mia cara amica trentina, quando viene a trovarmi a casa, dopo un paio di giorni già si lamenta disperata di aver bisogno delle sue montagne, di volersele sentire intorno dappertutto, di volerle intorno, di vederle, cosa che non riesce a fare perché da me le montagne sono solo da una parte, a nord, mentre per il resto lo sguardo può spaziare, sulla pianura.
Ora io, che faccio la spola tra molti posti, non essendo davvero di nessuno, mi sento avere un piede intrappolato in due scarpe, non appartengo a nessun luogo, perché sono in troppi, e comprendo quanto mai prima questo bisogno, e sento di voler appartenere anch'io ad un posto solo. Ad uno soltanto, ma che sia, nel mio cuore, la mia casa. O forse che la sopraccitata meteoropatia sia un indizio che questo privilegio a me non è concesso?

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