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Al cimitero di La Valle, Alta Val Badia (Bolzano) © Giovanni Pracucci |
Ieri avevo voglia di cambiare rotta e location per un po', così ho preso e sono andata al cimitero di Povo. Non per far di esso la mia nuova residenza, ma per trovare (o ri-trovare) un po' di tranquillità. Il cimitero, bianco, rifletteva la luce del sole alto delle due di pomeriggio. A due piani, era diviso in quattro quadrati ed un basso muretto lo circondava. Me ne sono innamorata subito.
Tutte attorno le montagne mi ammiccavano, gli uccellini cantavano, il sole mi riscaldava. Le campane hanno suonato i due rintocchi ed io ero lì, e ci sono stata per un'ora e mezza, a passare in rassegna ogni tomba: volevo leggere tutti i nomi ed immaginarmi le persone che una volta erano. Foto di volti giovani e meno giovani, schiarite dal tempo o più nitide. Tombe colme di fiori ed alcune, tristi, dove fiori non ce n'erano proprio. Alcune, bianche, dove non c'era assolutamente nulla. Una, in cui riposava da solo un vaso di coccio spezzato.
Guardavo e mi chiedevo: qualcuno verrà alla mia tomba, alla mia morte? Qualcuno mi porterà dei fiori? Non so se vorrei dei fiori. Mi basterebbe una rosa, una rosa rossa, la mia preferita. Una rosa una volta al mese, come un appuntamento che si rinnova. Una rosa per ricordarmi della vita sanguigna che guizza in tutte le persone vive. Guardavo, guardavo e cercavo di vedere.
Mi sono imbattuta nella tomba di un ragazzo dagli occhi azzurri, morto a circa trent'anni. La sua tomba recava sul bordo una corda di montagna. Mi sono fermata e ho cercato di guardare meglio la sua foto, ciò che di lui era visibile ancora. Mi fissava, da lì, con due occhi lontani e la bocca sulla quale aleggiava un mezzo sorriso sembrava pronta ad aprirsi per parlarmi. Mi scrutava, o forse era la sua anima a scrutare la mia. Anch'io scruterò dalla mia tomba i passanti? Ed i semplici curiosi, come sono io ora: ho voluto curiosare sulla loro morte, non avendo potuto nella loro vita. Ero un'intrusa: da tanto non vado invece a trovare i miei parenti in cimitero ed ecco, vado a trovare dei perfetti sconosciuti che magari non hanno nessuna voglia che io vada a turbare la loro pace.
Perché ci sono andata? Non so rispondermi. Ma è fin da piccola che il cimitero mi "ispira", mi sembra un luogo dove io possa riuscire a trovarmi, a capirmi, a fare il punto della mia vita. Forse perché di vite ce ne sono tante e io le posso passare in rassegna, così, semplicemente guardando e camminando. Non c'è luogo migliore di un cimitero per ritrovare se stessi. Probabilmente è un pensiero assurdo, ma poiché è una riflessione cimiteriale, forse ci può stare.
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Grazie e... che aspettate? :)
Sara