Achille Varzi © Niccolò Caranti |
Il filosofo Achille Varzi, Columbia University, venerdì 15 febbraio ha tenuto una conferenza su "Confini naturali, confini artificiali: usi e abusi di una distinzione" presso l'Aula Kessler del dipartimento di Sociologia a Trento esordendo con una citazione di Lord Curzon of Kedleston, il primo studioso che distinse i primi dai secondi, cioè i fiumi, i mari, i monti contro la spada, la penna, il righello.
L'uomo, ha affermato Varzi, si focalizza sui confini delle cose perché così facendo riesce a attribuire loro un'identità. I confini ci limitano, ma al tempo stesso ci definiscono, come i contorni di una figura (per esempio, i buchi del formaggio hanno dei confini ben precisi ed è per questo che li trattiamo come oggetti).
L'uomo, ha affermato Varzi, si focalizza sui confini delle cose perché così facendo riesce a attribuire loro un'identità. I confini ci limitano, ma al tempo stesso ci definiscono, come i contorni di una figura (per esempio, i buchi del formaggio hanno dei confini ben precisi ed è per questo che li trattiamo come oggetti).
Ci sono molti esempi nel mondo di confini artificiali tracciati senza il minimo rispetto per il territorio: uno fra tutti l'enclave di Baarle Hertog, cittadina belga nel territorio olandese nella quale si può notare che le strade sono tagliate dal confine ed addirittura un bar è diviso fra le due nazioni, in un confine segnato per terra. I confini artificiali sono, ha riflettuto Varzi, il frutto di un complesso processo decisionale che si traduce in demarcazioni convenzionali.
Dappertutto notiamo confini: le nostre vite hanno un inizio ed una fine, il giorno ha un inizio ed una fine... i confini sono dunque lo strumento mediante il quale riconosciamo e classifichiamo il molteplice con cui siamo quotidianamente costretti ad interagire. Ma è una distinzione fondata? Corrisponde a un'esistenza sostanziale? Due i poli opposti che ha imboccato la filosofia per rispondere a questa domanda: la posizione realista, la quale afferma che, se un'entità possiede confini naturali, si può pensare che le sue condizioni di esistenza ed identità siano indipendenti da noi; la posizione costruttivista la quale invece afferma che, se un'entità possiede confini artificiali, essa sarà frutto del nostro operato ed azione organizzatrice.
Ma ci sono davvero confini naturali? A ben vedere, infatti, i confini spaziali degli oggetti comuni sono entità fittizie. Il mondo è fatto in realtà di pixel di vari colori, odori, rumori, che è la nostra mente ad unire. Quando comincia e quando finisce una vita? Perfino i dibattiti sull'eutanasia e sull'aborto dimostrano che anche questi confini non sono così naturali come sembrano: spesso si tratta di una decisione. Perché il problema non è che nel mondo manchino differenze significative, ma che ce ne sono troppe. Però allora accade che, se tutti i confini fossero convenzionali, conoscere noi stessi equivarrebbe a conoscere le mappe che ci formiamo nella nostra mente: sostituiremmo tutti i fatti con le nostre interpretazioni, in una sorta di nichilismo post-moderno. D'altro canto, pensare che il mondo ci si presenti preconfezionato cozza contro la realtà. La presenza di "divieti" ancorerebbe questi schemi al mondo ed eviterebbe un collasso a tutto campo.
Se si sceglie la posizione antirealista, non ci sono sensi obbligati né sensi vietati, ma nemmeno nessuno sfacelo perché il convenzionalismo non implica l'idealismo, giacché la nozione di confine ha senso solo nella misura in cui esiste una materia sottostante già fatta: cosa ci sarebbe poi di male nell'arbitrarietà delle convenzioni? Ponendo l'accento sul carattere arbitrario, cioè sul suo potenziale, Varzi ha affermato provocatoriamente che dal fatto che le convenzioni siano arbitrarie non segue che tutte siano però ragionevoli allo stesso modo. Nostro è l'arbitrio e la responsabilità di adottare quelle che ci sembrano più giuste e modificarle se non funzionano!
La conclusione varziana (bellissima) è stata: "non esiste retorica peggiore di quella che spaccia l'artificiale per naturale. Ma un confine artificiale può essere anche concepito come una rete per giocare a pallavolo (vedi confine tra Messico e USA) e non come un confine vero e proprio. In ciò consiste la speranza che ripongo.".
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Credo fermamente che ognuno abbia il diritto di esprimere la propria opinione, come qui io esprimo la mia. Vi invito anzi a farlo, sia che condividiate o meno i miei punti di vista. Apprezzerò dunque ogni commento vogliate lasciare su queste pagine, ma avverto che questo spazio non è uno sfogatoio.
Grazie e... che aspettate? :)
Sara